Viaggiare, sì viaggiare

Antonio e Pietro del Pollaiolo, L'arcangelo Raffaele e Tobiolo, 1465-70, Museo Civico di Palazzo Madama, Torino

Antonio e Pietro del Pollaiolo, L’arcangelo Raffaele e Tobiolo, 1465-70, Nuova Galleria Sabauda, Torino

 

Viaggiare e avere un lavoro, le due cose che i giovani più desiderano oggi.
Sì, viaggiare (evitando le buche più dure) e imparare il mestiere. Questa era la strada dei giovani figli di mercanti e banchieri fiorentini del Quattrocento, con l’obiettivo di garantire la continuità delle attività commerciali e l’accrescimento della ricchezza delle famiglie.
Sui quindìci anni partivano per il tirocinio in città lontane, un viaggio lungo settimane per raggiungere Parigi e poi le Fiandre, con Bruges e Anversa, e di lì per alcuni, affrontare il mare, destinazione Londra.
Un percorso insidioso, le Alpi da traversare e si andava a piedi, perchè le cavalcature erano riservate ai più anziani mentre i giovani potevano solo contare su suole e muscoli.
Si muovevano con poco bagaglio e tanta voglia di sfida e di futuro.
Erano in compagnia di mercanti vecchi del mestiere, che utilizzavano il cammino per insegnar loro rudimenti e malizie, un duro apprendistato e tutto il viaggio era uno stimolo, un esame, un confronto per dimostrare di essere capaci ad affrontare l’imprevisto, adattarsi, sfruttare al meglio le occasioni: un percorso di iniziazione.

In un’avventura tanto impegnativa, di certo un angelo custode è di aiuto per chi viaggia e di conforto per la famiglia che resta e la raffigurazione di Tobiolo con l’ Arcangelo è un talismano, un’immagine devozionale di buon auspicio che viene ripetutamente commissionata alle botteghe dei pittori fiorentini. Primi fra tutti i Pollaiolo, intorno alla seconda metà del Quattrocento, riprendono la storia biblica di Tobiolo  e la riportano nella realtà del tempo in una sorta di raffinato ex voto, di una grazia leggiadra.
Manti, panneggi, cappelli e calzari, un cagnolino, altrettanto elegante nell’incedere tra erbe e fiori.

L’arcangelo è Raffaele, il custode più attento a governare le intemperanze giovanili, tanto che la Confraternita del Raffa, in Firenze, aveva appunto il compito di tenere a freno i giovani troppo turbolenti.

Il ragazzo è Tobiolo, figlio di Tobia di Ninive che, diventato cieco, è costretto ad inviare il giovane in un paese lontano, in cerca di lavoro e così salvare se stesso e la famiglia dalla miseria. Tobiolo ha timore del viaggio, prega Dio e ottiene una creatura celeste (l’arcangelo Raffaele) come guida e compagno.
Durante il guado di un fiume i due si imbattono in un pesce enorme che sbuca dalle acque e cerca di divorarli, ma insieme lo uccidono e ne estraggono il cuore, il fegato e il fiele che l’angelo indica di conservare con cura: sa bene che al tempo giusto saranno utili.

Nel viaggio incontrano una famiglia disperata. La figlia, Sara, è andata in moglie ben sette volte e un demone feroce le ha ucciso i mariti, uno ad uno, non appena entrati nella camera nuziale. Tobiolo non ha timore, con l’aiuto della guida sconfigge il demone assassino, bruciando con una sorta di esorcismo cuore e fegato del pesce e da buon ultimo, prende in sposa la bella Sara. Insieme tornano a Ninive e ridanno la vista a Tobia, col fiele che Raffaele ha serbato in una piccola scatola dorata.

L’arcangelo ha assolto al suo compito e Tobiolo ha compiuto la sua prova d’iniziazione: è partito ragazzo ed è tornato uomo.

Pollaiolo, Andrea del Verrocchio, Francesco Botticini, Filippino Lippi, (galleria) trattano lo stesso tema, con la stessa grazia, e quasi identica iconografia.
Centrale è il viaggio, la direzione e il braccio a cui poggiarsi. I simboli sono discreti ed egualmente potenti: il pesce e il credito (la lettera di cambio che permetteva di ritirare denaro ovunque se ne avesse bisogno), due strumenti di salvezza in mano al viaggiatore.

Tiziano Vecellio, Tobiolo e l'Angelo, Olio su tavola, 1512-14, Gallerie dell' Accademia, Venezia

Tiziano Vecellio, Tobiolo e l’Angelo, Olio su tavola, 1512-14, Gallerie dell’ Accademia, Venezia

Con un salto di mezzo secolo, quello del Tobiolo con l’angelo biondo del Tiziano , più che  un viaggio è un’ amena passeggiata nel paesaggio rinascimentale. Se fa fede lo stemma nobiliare, il bimbetto grassoccio dai tratti feminei è un nobile virgulto della casata dei Bembi. Ci appare come rapito dal fare deciso e insieme dolce dell’angelo. Ma non ha interesse per il suo indicare. Troppo giovane, è troppo presto per lui e nelle sua mano il pesce pare uno strano giocattolo di legno da far galleggiare nell’ansa del Brenta, poco distante.

Giovanni Gerolamo Savoldo, Tobia e l'angelo,  olio su tela, 1527 circa, Galleria Borghese, Roma

Giovanni Gerolamo Savoldo, Tobia e l’angelo, olio su tela, 1527 circa, Galleria Borghese, Roma

Un decennio più tardi Giovanni Gerolamo Savoldo, in “Tobia e l’angelo,” tratta lo stesso tema, con altra visione ancora, questa volta slegata da qualunque realtà attuale. Il cielo è inquieto, la luce che trapassa le fronde investe entrambi, li riveste della stessa forza, degli stessi balenanti colori. In un apparente momento di quiete pastorale, il cane accucciato dorme, profondamente, e l’angelo indica la prima prova: affontare e catturare il pesce salvifico, un simbolo appena accennato. Non c’è traccia di avventura, di viaggio, solo il legame di forma e colore, un processo di progressivo avvicinamento dell’allievo al maestro.  Non fosse per le ali, i due parrebbero indistinguibili.

Dirck van Baburen (1595, Utrecht, - 1624, Utrecht), Tobia e Raffaele,  Corsham Court, Wiltshire

Dirck van Baburen (1595, Utrecht, – 1624, Utrecht), Tobia e Raffaele,
Corsham Court, Wiltshire

Un secolo più tardi Dirk van Baburen  sconvolge tutto, l’dentità dell’Angelo, di Tobiolo e il pesce simbolo si fa enorme, carne viva. Terza persona nel quadro respira aria di terra, con umani polmoni. E anche l’angelo è terrestre, denso di umane passioni e quel prendere per mano lo sprovveduto Tobiolo è mossa ambigua: ” Vieni, so io cos’è meglio per te. ”
Il ragazzotto mostra insieme  timore e attrazione per quel giovane angelo dalle ali scure e brillanti, dalla pelle splendente e quel volto con le occhiaie, da malandrino dei bassifondi di una città di mare che, ci metterei la mano sul fuoco, lo spingerà nella prima casa di meretricio, appena girato l’angolo del vicolo.
Dopotutto anche questa è un’iniziazione, mentre Tobiolo farà per la prima volta l’amore, il pesce finirà a tranci in padella, nella cucina del bordello e nulla andrà sprecato. Cuore, fegato e fiele, sberleffo alle Scritture, finiranno in pancia ai gatti.

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4 pensieri su “Viaggiare, sì viaggiare

    • Grazie! A questo punto merita pensare a una visita a tema alla Galleria Sabauda (a piano terra, nelle sale di destra trovi i due dipinti dei Pollaiolo e di Filippino Lippi 🙂 ). Buona visita!

      Ho scoperto ora, tramite un mio amico, il tuo blog. Avvincente! Avrò da leggere per un po’.

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