Un uomo

Ritratto d'uomo - Antonello da Messina (1476) - Palazzo Madama - Torino

Ritratto d’uomo – Antonello da Messina (1476) – Palazzo Madama – Torino

Oltre la porta della Torre dei Tesori di Palazzo Madama c’è un uomo ritratto cinque secoli fa da Antonello da Messina ed ha il viso fresco come una rosa.

Dalla penombra, quasi affacciato ad una piccola finestra, sta di tre quarti, nella luce che potrebbe essere di un tardo pomeriggio ma a ben guardare non può che essere mattutina, vista la rasatura di fresco che sa di pannicelli caldi, appena tolti, e ben evidenzia lo scuro maschio dei baffi. Fa contrasto all’ordine terso del volto quella perla carnosa, tra le rughe appena tracciate della fronte e il sopracciglio scomposto, una virgola a dare movimento.

Ma gli occhi sono tutto! Dietro quell’espressione altezzosa c’è una moglie, nell’ombra e dieci figlie che si inchinano al suo passare, anche dei figli maschi, già adulti, che scalpitano ma ancora non reggono lo sguardo del padre.

Il piglio è quello di un mercante o forse di un amministratore ambizioso che ha accumulato con ogni mezzo terre e poderi, a perdita d’occhio. Lo vedo a cavallo tra vigne quasi mature, ulivi e campi di stoppie. A giusta distanza, controlla granai ricolmi, giare e botti nell’ombra delle cantine.

Con lo sguardo abbraccia il suo spazio, oltre la tela, e chiusa nello spazio la roba accumulata nel tempo. Sua, tutta sua.

E ora lo hanno rinchiuso in una torre, senza finestre, senza spazio. Contrappasso, intorno roba troppo preziosa e lui, dipinto, diventato a sua volta roba per nobili. Altra gente, altra razza.

La giubba severa, cade a pennello. Pieghe perfette, segni incisi sul panno di porpora non arrivano al cuore che ancora batte, di sotto.

Bisognava osare di più, fare un salto avanti nel tempo, chiedere a Lucio di tagliare di netto la giubba, la tela e anche il legno. Cercare dietro lo spazio,  il cuore in attesa di mostrarsi, con un fiotto rosso.

Ma forse bastano gli occhi.

Concetto spaziale - Attese - Lucio Fontana 1961

Concetto spaziale – Attese – Lucio Fontana 1961

 

Prologo

Galleria Sabauda - Spina Reale - Torino

Galleria Sabauda – Spina Reale – Torino

Nel mio girare per mostre e musei, si è rafforzato nel tempo il desiderio e il piacere di un colloquio, non solo di sguardi tra me, dapprima spettatore e poi via via anche attore, e le opere esposte.

Questo termine esposte ha dei limiti, se inteso nel significato di mettere in mostra o offrira alla vista, e mantiene in sè qualcosa di vecchio e distante, evoca sale di museo sempre eguali, etichette mute, e sembra chiudere la possibilità di intendere con le opere un rapporto più completo, a due vie, che le possa mantenere vive nel tempo.

Ormai da qualche decennio l’aria è mutata, le opere d’arte circolano, si muovono e a seconda dell’ambiente in cui vengono presentate e del tema in cui sono inserite, di esse ne vengono evidenziate parti, dettagli, sfumature, relazioni e di conseguenza significati e valori diversi. Il restauro poi, a volte, stravolge teorie consolidate e le fa parlare con linguaggio del tutto nuovo.

E noi stessi, i fruitori, siamo uno dei principli motori di questo cambiamento, con l’accresciuta domanda e il numero in forte ascesa di visitatori attivi, che scrivono commenti, che partecipano a visite guidate, presentazioni, conferenze, dibattiti e stimolano, con commenti e domande, le guide, gli esperti, i critici. Come dicevo, un rapporto a due vie.

La relazione con l’opera si fa più complessa, ricca dell’emozione della scoperta. Quel misto di eccitazione, turbamento e interesse che spinge a documentarsi, ritornare e vedere con occhi nuovi e magari riuscire a collegare arte, storia, scienza, costume in quel che dovrebbe essere un naturale tutt’uno, spesso nascosto.

A Torino, con  l’Abbonamento Musei, le conferenze e le biblioteche, e quant’altro disponibile in Internet, questo è un piacere praticabile e quasi gratis. Tutto ciò è per me stupefacente e appagante!

A questo proposito mi sono proposto di fermare alcune esperienze di colloquio con le opere d’arte dei musei e delle mostre torinesi, radunandole man mano in una raccolta che ho titolato Sguardi Sabaudi, nella speranza di non aver involontariamente rubato questa denominazione ad alcuno.