Sorrideva beato, se la rideva beatamente … modi di dire, consolidati. Ma non vale per tutti, ad esempio mi sono sempre chiesto perchè i Santi dipinti non ridono o almeno sorridono. La beatitudine, la perfetta letizia di un rapporto d’ amore diretto col Padre Eterno dovrebbe in qualche modo venir fuori anche dall’espressione del volto, diamine!
E anche se non appare, sono sicuro che nella loro vita i Santi hanno sorriso e riso, anche molto e di gusto, e fatto ridere e sorridere chi stava loro vicino.
Non riesco ad immaginare San Francesco senza un tratto di gioia sulle labbra e neanche la sua amica Chiara, santa anche lei e con un nome che già da solo è un’espressione di letizia.
Ridevano, sorridevano, faceva parte della loro natura, del loro destino!
Ci è voluto questo dipinto dello Spanzotti per farmi capire che anche lui, cinque secoli fa, la pensava come me. Due tavole di una naturale letizia, a destra quattro Sante e a lato quattro Santi, più un altro nobile che si fa chiamare donatore. Cominciamo dalle femmine, s’incontrano tra gli ori nella loggia del Paradiso e sembrerebbero quattro sorelle in cerca di marito, non fosse per quegli strani simboli che portano in mano. E sorridono beate, appunto, nonostante la vita abbia riservato loro esperienze durissime, fino al martirio. Non bisogna farsi trarre in inganno dai gioielli che cingono i lunghi colli di Barbara, Caterina d’Alessandria e Margherita d’Antiochia, non sono un vezzo o doni di giovani spasimanti ma nascondono il segno preciso dove è calata la mannaia.
L’unica che si è salvata il collo è Maria Maddalena, infatti niente collana ed è anche un po’ pensosa, come a dire: “Che ci sto fare con queste tre martiri?” E intanto se la contano. Appena incontrate per l’invito alla festa, si sono guardate con un po’ di imbarazzo poi hanno celato il riso con un gesto della mano: erano finite tutte dallo stesso parrucchiere! Identica pettinatura, stessa tinta, pure il trucco e la manicure (dita lunghissime, come i colli, peccato che non avessero ancora inventato il pianoforte), insomma quattro gemelle anche se nate ai quattro angoli del mondo! Per fortuna non hanno scelto anche lo stesso sarto, quello di Barbara doveva essere alle prime armi perchè ha preso male le misure, abito troppo lungo e deve tiralo su davanti, per non inciampare. E le altre ridacchiano, mica per l’abito, ma per quella torre fuori misura, che rischia di caderle di mano. Va bene che con quelle tre finestre sta a rappresentare Il Padre, Il Figlio e la Colomba e in questo caso le misure hanno la loro importanza, ma l’effetto è strano… no, non vogliono neanche pensare a cosa sembra (no, no, loro sono Sante e poi sarebbe troppo fuori misura).
Ma è un’attimo, si ricompongono subito alla vista di quel quintetto che le sta aspettando sulla sinistra della sala e guarda verso di loro, con interesse.
Un gruppo assortito. Già si capisce che quel trombone di Sant’Antonio Abate, diventato un orso dopo una vita da eremita, non interessa a nessuna. Sembra meglio il nobile donatore piuttosto, e anche se non è santo, pazienza. Francesco non è male ma è troppo giù di corda, ci vorrebbe un mezzo miracolo per rimetterlo in sesto per la festa o che almeno Chiara le montasse uno zabaione con un bicchiere di quello buono, avanzato dalle nozze di Cana. Invece Giovanni e Sebastiano stuzzicano! Diversi, ma niente male. Il primo un po’ figlio dei fiori, lo sguardo furbetto, l’altro sornione, un tipo che ci sa fare, anche se circolano voci su quegli strani rapporti tra lui e gli Angeli che gli han tolto le frecce. Male lingue terrene, qui non si sparla di nessuno.
Sveglia ragazze, si fa tardi e bisogna decidere! Oggi in Paradiso è come il primo di novembre in Terra, c’è festa di tutti Santi e stasera si balla, bisogna scegliere il cavaliere e uno dei cinque resterà con la scopa o se preferisce, con la torre. Sempre che Barbara si decida a posarla, se vuole ballare.
Una curiosità, mi ero chiesto dove erano finiti il lupo di Francesco e l’agnello di Giovanni. In Paradiso possono entrare tutti, anche gli animali, quindi mi aspettavo di vederli. Tranquilli, non è successo nulla di ciò che verrebbe da pensare, capita solo in Terra che i lupi sbranino gli agnelli. Prima li ho visti dietro una colonna che provavano un minuetto e a fianco c’era anche il Diavolo, travestito da serpente (che fantasia).
Ma lui ballava da solo.
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Giovanni Martino Spanzotti
Casale Monferrato (?), 1455 circa
Chivasso (?), Torino, 1526/1528
I Santi Francesco d’Assisi, Sebastiano, Giovanni il Battista
ed Antonio Abate con il donatore
Tempera su tavola 124×66,5
Le Sante Barbara, Caterina d’Alessandria, Maddalena
e Margherita d’Antiochia
Tempera su tavola 124×67
Insieme alla Madonna Tucker nei Musei Civici di Torino e all’affresco raffigurante l’Adorazione del Bambino nella chiesa di San Francesco a Rivarolo Canavese, le due tavole figurano tra i numeri più antichi del catalogo di Spanzotti, membro di una famiglia di pittori lombardi stabilitasi a Casale Monferrato entro il 1470.
La sottile scrittura pittorica, la limpida intensità del colore, l’ornata eleganza classica del loggiato sullo sfondo attestano, verso il 1475-1480, l’aggiornata modernità del giovane Spanzotti che doveva aver compiuto il proprio percorso formativo a Bologna, presso Francesco del Cossa .
In origine i due pezzi facevano parte del registro principale di un polittico: già conservati presso i padri Rosminiani di Stresa e forse provenienti dalla Val Vigezzo, essi sono entrati in Sabauda nel 1973.
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Fotografie di Franco A. Canavesio
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- Quattro Sante – Giovanni Martino Spanzotti – Particolare 1
- Quattro Sante – Giovanni Martino Spanzotti – Particolare 3
- Quattro Sante – Giovanni Martino Spanzotti – Particolare 2
- Quattro Santi e il donatore – Giovanni Martino Spanzotti – Particolare 1
- Quattro Santi e il donatore – Giovanni Martino Spanzotti – Particolare 2
- Quattro Santi e il donatore – Giovanni Martino Spanzotti – Particolare 3
- Quattro Santi e il donatore – Giovanni Martino Spanzotti . Particolare 4