Oltre la porta della Torre dei Tesori di Palazzo Madama c’è un uomo ritratto cinque secoli fa da Antonello da Messina ed ha il viso fresco come una rosa.
Dalla penombra, quasi affacciato ad una piccola finestra, sta di tre quarti, nella luce che potrebbe essere di un tardo pomeriggio ma a ben guardare non può che essere mattutina, vista la rasatura di fresco che sa di pannicelli caldi, appena tolti, e ben evidenzia lo scuro maschio dei baffi. Fa contrasto all’ordine terso del volto quella perla carnosa, tra le rughe appena tracciate della fronte e il sopracciglio scomposto, una virgola a dare movimento.
Ma gli occhi sono tutto! Dietro quell’espressione altezzosa c’è una moglie, nell’ombra e dieci figlie che si inchinano al suo passare, anche dei figli maschi, già adulti, che scalpitano ma ancora non reggono lo sguardo del padre.
Il piglio è quello di un mercante o forse di un amministratore ambizioso che ha accumulato con ogni mezzo terre e poderi, a perdita d’occhio. Lo vedo a cavallo tra vigne quasi mature, ulivi e campi di stoppie. A giusta distanza, controlla granai ricolmi, giare e botti nell’ombra delle cantine.
Con lo sguardo abbraccia il suo spazio, oltre la tela, e chiusa nello spazio la roba accumulata nel tempo. Sua, tutta sua.
E ora lo hanno rinchiuso in una torre, senza finestre, senza spazio. Contrappasso, intorno roba troppo preziosa e lui, dipinto, diventato a sua volta roba per nobili. Altra gente, altra razza.
La giubba severa, cade a pennello. Pieghe perfette, segni incisi sul panno di porpora non arrivano al cuore che ancora batte, di sotto.
Bisognava osare di più, fare un salto avanti nel tempo, chiedere a Lucio di tagliare di netto la giubba, la tela e anche il legno. Cercare dietro lo spazio, il cuore in attesa di mostrarsi, con un fiotto rosso.
Ma forse bastano gli occhi.
- Ritratto d’uomo – Particolare del volto
- Ritratto d’uomo – Particolare della giubba
- Concetto spaziale – Attese – Lucio Fontana 1961