
Giuseppe e Domenico Valeriani – Affreschi della volta del Salone centrale della Palazzina di Caccia di Stupinigi
Stamattina sono stato ancora una volta in visita alla Palazzina di Caccia di Stupinigi. Forse anche grazie alla complicità del tempo grigio e piovoso mi è balzato evidente che i fratelli Valeriani erano un secolo indietro e di Juvarra non capirono nulla. Non bastò loro la scuola veneziana del Ricci: rromani nacquero e rromani morirono.
Non colsero quell’anelito che mirava a legare il dentro e il fuori, il nord e il sud con lo zenit, l’idea di leggiadra leggerezza che aveva addirittura spinto l’architetto sabaudo a pensare ad un salone aperto, senza volta, per far entrare il cielo!
E immagino lo sconcerto del messinese quando vide completati gli affreschi della volta. Figure cariche e sovrabbondanti, mancanza di equilibrio tra pieni e vuoti, toni pesanti; un senso di greve che si alleggerisce appena un po’ negli affacci alle finestre di est ed ovest.
Sono drastico, fossi stato Carlo Emanuele III non avrei sganciato uno scudo ma, vestitili da cervi, avrei mollato i cani e fatto un fischio al giovane Tiepolo.

Giuseppe e Domenico Valeriani – Palazzina di Caccia di Stupinigi – Salone centrale, particolare della volta

Giuseppe e Domenico Valeriani – Palazzina di Caccia di Stupinigi – Vista del salone centrale dalla balconata

Giuseppe e Domenico Valeriani – Palazzina di Caccia di Stupinigi – Salone centrale, particolare della volta)

Giuseppe e Domenico Valeriani – Palazzina di Caccia di Stupinigi – Salone centrale, particolare della volta