Due cartelle

Carlo Canavesio - Chine anni '80

Carlo Canavesio – Chine anni ’80

Sono certo che più d’uno comprenderà la commozione e la gioia che ieri sera mi hanno fatto visita, in coppia.
Erano le ventitre passate quando, preso da una strana impazienza, ho rimesso le scarpe e sono sceso in magazzino con l’intentento di cercare un dipinto di mio padre, da riportare in vita, all’aria di Moncucco.
Mentre rovistavo (lì il disordine è sovrano) mi è venuto da aprire un armadio, senza motivo. Sapevo bene che il quadro non poteva essere lì, se non altro per questioni di dimensioni, e ricordavo che dietro quelle ante stavano accatastate solo vecchie cose inutili, rimaste nelle scatole del trasloco anni ottanta, e che solo per pigrizia non erano finite nel cassonetto.
La chiave non ne voleva sapere di girare ma qualche goccia di svitol e pochi attimi di attesa hanno avuto la meglio su anni di ossidi.
All’affaccio, l’occhiata da distratta si è fatta curiosa, quando ho notato sul fondo le fettucce annodate di due voluminose cartelle da disegno, protette da un sacco di nylon trasparente: una in presspan marrone, ancora lucido come la pelle di una castagna d’india, l’altra con qualche pretesa in più, a imitare la scorza di un marmo travertino.
A questa vista già il cuore batteva più sostenuto. Mi sforzavo, ma di quelle due cartelle non avevo ricordi. Di altre sì, simili, dove mio padre conservava i suoi disegni e schizzi. Ho scansato malamente il ciarpame d’imbarazzo e le ho estratte, corpose, del peso denso della carta. Un attimo ed ero già tornato su, seduto, con la prima delle due, aperta sul tavolo di cucina.

Si dice che il cuore tenero, a far da bilancia all’indurimento delle arterie, sia sintomo di vecchiaia incipiente. Sarà anche così (e allora vuol dire che sono vecchio da sempre) fatto sta che alla vista del primo foglio vergato da mio padre mi si è serrata la gola.
Disegni a china, a matita, pastelli, schizzi, prove di stampa di litografie, a decine su fogli marchiati Fabriano, datati tra il ’75 e i primi anni ottanta.
L’inconfondibile eleganza del segno di mio padre, leggero e fantasioso, come nei progetti di gioielli, collari e pendagli, da realizzare in smalto a gran fuoco: li vedevo per la prima volta. Non so per quale ragione mio padre non aveva mai condiviso il contenuto di quelle cartelle e in particolare due fogli, tecnicamente meno riusciti di altri, ma per me importanti: un autoritratto a penna in cui figura con l’inseparabile cappello e una china, un po’ spiegazzata in un angolo, con una dedica: “per il tuo ventisettesimo compleanno, tuo papà”.
Mi piace pensare che questa sua scelta sia stata intenzionale, celare un piccolo tesoro perchè io lo scoprissi, dopo anni.

Non è finita qui, c’è un terzo foglio che voglio menzionare. Nella consueta sintesi dei tratti, è raffigurato un uomo col braccio teso e un topolino sul palmo aperto.
Fin da piccolo, per mio padre, io ero il suo “ratin” e mi ha sempre portato in palmo di mano.


i tuoi svolazzi li ho davanti
lindi
dopo anni
penna su carta
nuvole di punti
l’anima bambina
e il senso naturale della grazia
di chi ha nuvole chiare nella mente

….

F. A. Canavesio – Due cartelle – 20 Febbraio 2014

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L’uomo del muschio

davy crockett

L’uomo
col cappello e la coda di opossum
era sceso in città al mercato dell’immacolata
con le pelli di muschio scuoiate alle rocce
fatte a fette
dentro cassette da frutta

il bastardo
gigante peloso cresciuto a latte e polenta
chiedeva carezze ai bambini
il muso poggiato sul banco

una foto
la foto col cane e il cappello
e due zolle di muschio
il presepio quest’anno lo voglio con l’odore di bosco

pazienza di padre il wild degli anni cinquanta
davy crockett era un mito

Franco. A. Canavesio – L’uomo del muschio – 24 novembre 2013

Dopo l’amore

Rodeo

Dopo l’amore è il momento delle domande strane
il tuo modo di ingannare il disagio della luce

ridi e mi chiedi
che senso ha sognare un nano
o un cane nero
addestrato a far da cavallo a una bertuccia
con le brache a strisce

mi vuoi stupire
e rido anch’io
ti rispondo che mi vedo sulla pista
a girare in tondo
il collare swarovsky ben serrato al collo
e una voglia forsennata di abbaiare.

Franco. A. Canavesio – Dopo l’amore – 23 dicembre 2013