Prologo

Galleria Sabauda - Spina Reale - Torino

Galleria Sabauda – Spina Reale – Torino

Nel mio girare per mostre e musei, si è rafforzato nel tempo il desiderio e il piacere di un colloquio, non solo di sguardi tra me, dapprima spettatore e poi via via anche attore, e le opere esposte.

Questo termine esposte ha dei limiti, se inteso nel significato di mettere in mostra o offrira alla vista, e mantiene in sè qualcosa di vecchio e distante, evoca sale di museo sempre eguali, etichette mute, e sembra chiudere la possibilità di intendere con le opere un rapporto più completo, a due vie, che le possa mantenere vive nel tempo.

Ormai da qualche decennio l’aria è mutata, le opere d’arte circolano, si muovono e a seconda dell’ambiente in cui vengono presentate e del tema in cui sono inserite, di esse ne vengono evidenziate parti, dettagli, sfumature, relazioni e di conseguenza significati e valori diversi. Il restauro poi, a volte, stravolge teorie consolidate e le fa parlare con linguaggio del tutto nuovo.

E noi stessi, i fruitori, siamo uno dei principli motori di questo cambiamento, con l’accresciuta domanda e il numero in forte ascesa di visitatori attivi, che scrivono commenti, che partecipano a visite guidate, presentazioni, conferenze, dibattiti e stimolano, con commenti e domande, le guide, gli esperti, i critici. Come dicevo, un rapporto a due vie.

La relazione con l’opera si fa più complessa, ricca dell’emozione della scoperta. Quel misto di eccitazione, turbamento e interesse che spinge a documentarsi, ritornare e vedere con occhi nuovi e magari riuscire a collegare arte, storia, scienza, costume in quel che dovrebbe essere un naturale tutt’uno, spesso nascosto.

A Torino, con  l’Abbonamento Musei, le conferenze e le biblioteche, e quant’altro disponibile in Internet, questo è un piacere praticabile e quasi gratis. Tutto ciò è per me stupefacente e appagante!

A questo proposito mi sono proposto di fermare alcune esperienze di colloquio con le opere d’arte dei musei e delle mostre torinesi, radunandole man mano in una raccolta che ho titolato Sguardi Sabaudi, nella speranza di non aver involontariamente rubato questa denominazione ad alcuno.

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