
Alla caccia sul fiume – Edoardo Perotti (circa 1870)
Prendo a prestito il titolo di un interessante volume di Federico Zeri.
Alle volte un dipinto, anche apparentemente incantato, può celare una realtà drammatica o addirittura una storia terribile.
Ne è un esempio questo olio di Edoardo Perotti, che dopo il restauro ha rivelato elementi prima nascosti. Volutamente, perchè?
Si legge che il Perotti, fin da giovane, fu preso da due passioni, la pittura e la caccia. E quando due passioni si fondono e l’una trae linfa dall’altra, l’azione ed il coinvolgimento raggiungono vertici estremi aprendo le porte ad espressioni intense, liriche dove l’emozione travalica i sensi.
E’ il caso di questo dipinto. La delicatezza delle luci, il silenzio dell’orizzonte, la maestosità immobile della natura sono come un profondo e lento respiro che colma ogni angolo del corpo. Al culmine, per un attimo si trattiene il fiato, e i sensi irrorati trasmettono a velocità e intensità crescente fiotti di emozioni in un movimento di espansione e comunione con quanto ci circonda.
Ma l’equilibrio è instabile, fragile come il silenzio rotto dal tuono dei fucili.
Un colpo, due colpi, cento battiti convulsi di ali. Un grido. Il latrare dei cani in corsa verso le prede. Un lamento. Il compagno di caccia, colpito per sbaglio, si accascia sul fondo della barca.
Era il 10 agosto 1870 e questo accadde quel giorno. Come nel quadro dipinto anni prima, Edoardo Perotti moriva per mano di un compagno in un incidente di caccia lasciando nella costernazione familiari ed amici.
E proprio quella tela, ancora nello studio e forse incompleta, diventa presagio di sventura, insopportabile e angoscioso, con il cacciatore che pare puntare lo schioppo e colpire il compagno. La si vorrebbe squarciare, o forse bruciare, ma il paesaggio è così dolce e suadente. In fondo se un’ombra o un improvviso banco di nebbia avvolgesse e coprisse la barca e lo schioppo, il silenzio tornerebbe sovrano.
E allora un colpo, uno solo, ancora i battiti convulsi di ali e il latrare dei cani.
La pietosa mano di un collega pittore stende con delicati colpi di martora un velo di nebbia. La barca, gli amici, il fucile escono di scena. La vista non genera più sgomento ed il ricordo angoscioso si acquieta. Resta la luce, chiara, e il silenzio.
Caso o premonizione? Chi può dirlo!
Restano i risultati documentati dal restauro. La barca con i due cacciatori è stata ricoperta (ma non la loro ombra) da uno strato di colore ed il cielo reso più opaco e grigio e la pietosa bugia di un cronista della Gazzetta Piemontese che descrive il Perotti morto per un attacco cardiaco mentre beve il caffè.
A distanza di alcuni decenni una lontana parente, all’atto della vendita del quadro, racconterà la vera storia.
Cosa c’è dietro a un quadro rimasto per anni appeso
al centro del muro nel salotto buono di casa
“la donna non lo deve toccare lo spolvero io”
diceva la madama quasi a nascondere il dramma
E vola il piumino
un gesto di danza sveglia ogni mattino l’alba sul fiume
una barca gli alberi magri lo starnazzo di anatre azzurre
al colpo di schioppo sull’acqua
Polvere e buio per anni il dipinto viene in mia mano
un restauro paziente svanisce le nebbie e vien fuori
una scena diversa
le barche son due con altri compari di caccia
un fucile minaccia sembra puntato al compagno di fronte
la mira è sbagliata forse è la barca che ondeggia
lo sparo un lampo l’amico stramazza
Era il dieci agosto del milleottocentosettanta
La Gazzetta dà la notizia
un cronista già allora bugiardo racconta non senza pena
dell’uomo famoso amico pittore e il suo inguaribile vizio
la caccia
morte improvvisa un colpo di cuore mentre sorseggia il caffè
Sul cavalletto di studio il quadro non ancora finito
presagio e ricordo angoscia per la sposa distrutta
Un collega pittore sfuma la scena gesto pietoso
la bruma inghiotte la barca lo schioppo
il ferale colpo di troppo
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Franco Antonio Canavesio – Dietro l’immagine – 28 novembre 2012