Sassi di luce

Sassi di luce – F. A. Canavesio

Chissà se questi sassi di luce
dormono la notte
o la loro è una veglia
quando i cancelli sono chiusi

Qui non è come in montagna
dove la sera è un rado via vai
di vivi nell’ombra
con ciotole d’acqua e lumini

Si viene a parlare coi morti
per sentirli vicini
dare pace alla notte
e un soffio di vita ai ricordi

Qualcuno entra anche in chiesa
basta dare un giro alla chiave
da sempre appesa al chiodo
tra due pietre a fianco il portale

Dentro si prega in piedi
in ginocchio si fa più rumore
il silenzio del legno è amico
e basta un filo di voce

Finiti i grani si esce
la chiave ritorna sul chiodo
l’orologio è bianco di luna
al rintocco si deve tornare

lasciare la strada alle ombre

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Franco Antonio Canavesio  –  Sassi di luce  –  31 ottobre 2012

Rosa d’autunno

Volevo cogliere per te l’ultimo fiore

Non me la sento, sarai tu a farlo
se vorrai decretare la fine di stagione
con quella rosa ancora colorata di scarlatto

recisa netta e viva come le tue labbra

Da manuale il taglio in diagonale
tre centimetri di stelo e la coppa di ghiaccio
per fare bella figura e provare meno dolore

gGà ti sento dire che durerà più che lasciata sul ramo
nell’acqua una punta di zucchero o mezza aspirina
le tue ricette egizie per fiori morti da conservare

Speravo di guardare dal vetro il naturale declino
petalo dopo petalo e maturare la vita del seme
al poco sole del pomeriggio

In un vaso resta la vite, rossa in viso
i pampini accesi da una caldana autunnale.

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Franco Antonio Canavesio  –  Rosa d’autunno  –  29 ottobre 2012

La foce

Una biscia la riva di fango
discendo a piccoli colpi di remo
giusto per seguire le pieghe

piano il di più dilavato dai monti
si fonde allo scolo dell’uomo
impalpabile non pare veleno

indugio in svogliate correnti

la luce si fa visione
il cielo sfarina
colore di perla l’incontro col mare
zucchero a velo con sale fino

finisce inizia
preme resiste

cedo al morso dolce e salato
ingoiato da un’onda

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Franco Antonio Canavesio  –  La foce  –  28 ottobre 2012

Il nostro gioco

Padrona di casa – Silvano Ruffini

Sai da tempo che sto alle burle
e ogni giorno ti sporgi a una finestra diversa
per invitarmi al tuo gioco
una specie di battaglia navale

Oggi ti affacci in bi tre e domani?
Sei punti per me se indovino
quando sbaglio uno va a te
il traguardo è fissato a novanta

la regola è ingiusta e mi è chiaro che sei favorita
vincerai alla lunga   non so bene che cosa

Ho anche segnato su un foglio il percorso del tuo apparire
per cercare di scoprire il disegno dei tuoi movimenti

segmento azzurro se sali
rosso dall’alto al basso
giallo se non usi le scale

un intrico privo di senso
quasi usassi i dadi, per decidere il salto da fare

tu insisti col dire che c’è sotto un criterio preciso
e non ho più la fantasia di un tempo
mente aperta a capire il tuo moto

Ma intanto ci vediamo ogni giorno
e il senso del nostro giocare sono gli sguardi
intreccio di fili
ci lega una rete, un groviglio di punte e colori.

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Franco Antonio Canavesio – Il nostro gioco – 26 ottobre 2012
Padrona di casa – fotografia di Silvano Ruffini

Di spalle

All’improvviso appari
un foulard fucsia poggiato alla spalla
seduta nella fila davanti
e sfogli a modo tuo il programma
partendo dal fondo

Non vedo amici intorno ed è strano
non uscivi mai sola la sera
A dire il vero anche l’opera non era la tua grande passione
e figuriamoci Wagner
con quell’idioma straniero che turba gli orecchi

Quasi mi vien da pensare di avere sbagliato
ma anche a sipario abbassato
è tua l’ombra ritagliata con grazia
nel controluce d’orchestra

Nessuna attenzione per l’attacco dei fiati
l’ouverture sei tu lì davanti e l’improbabile attesa
di un tuo sguardo all’indietro per avere conferma

Luci in sala applaudi con foga
e scivola dietro il foular ti volti
movenza elegante
raccogli dalla mia mano la seta
tra noi scambio di sguardi un sorriso

Lei ti somiglia
quando avevi trent’anni o poco più

Mi sorprende
anche lo stesso profumo

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Franco Antonio Canavesio – Di spalle – 24 ottobre 2012

Il dono

Mi hai parlato con insolita voce
capace di scherzare sulle ferite
porta di scambio veloce tra vecchio e nuovo

il dono è arrivato improvviso così immenso
da colmare ogni angolo vuoto della mente e del corpo
e scacciare ombre e incertezze

Fiducia in mani guantate e cellule da farsi alleate
che ancora non hanno imparato i tuoi ritmi
e lavorano con troppa foga
si spendono senza risparmio come i volontari a Firenze

Mi dici che passata la piena sarete diventati un tutt’uno
la sera ci sarà tempo per sedere insieme
pensare al prima e al dopo
miracolo davanti a un bicchiere
da bere a piccoli sorsi senza timore

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Franco Antonio Canavesio  –  Il dono  –  22 ottobre 2012

Carnaby Street

Quando dormo non sono io a pensarti
il regista devoto che sta dentro
conosce a menadito i miei gusti
e col chiudere degli occhi
attacca con le scene più amate

Tu compari briosa sempre uguale
vestito opticalart lungo una spanna
da far girare la testa
io una cravatta a colori beat floreale
shopping pazzo a Londra
un negozio in Carnaby Street

Mostri le gambe disinvolte
sui tacchi per metterti al mio pari
e ridi tirandomi la mano
scherzando sul doppiopetto nero

E al mare col bikini grigio topo
infili la mia maglia preferita
(quella a macchie viola e bianche)
e ti butti in acqua dagli scogli
giusto per farmi imbestialire

Il regista ha tutto chiaro va a memoria
il copione l’ha lasciato in naftalina
il trovarobe invece è un imbranato
e il tuo abito non sa dov’è finito

la cravatta invece è arrotolata in un cassetto
a vederla non sembra sia sbiadita

mi tremano le mani
stasera proverò a rifare il nodo

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Franco Antonio Canavesio  –  Carnaby Street  –  20 ottobre 2012

Tango

Un disegno bislacco governa i tuoi passi
addestrati al tacco ma l’incedere è incerto
un andare ingessato non certo di danza

tra mobili e quadri di una casa agiata
mucchi di cose a tuo dire ordinate
sono ferme da anni spolverate con cura

supporto morale per gambe inchiodate

Il nostro rapporto è perloppiù epistolare
ma anche il telefono fa la sua parte
ti scrivo due righe rispondi a fiumi
megabite di messaggi letti inviati

per sicurezza hai scelto una vita
chiusa in parentesi a più dimensioni
scudi reali e firewall virtuali
e anche in questo la rete ti aiuta

Quando ti chiedo di venire a trovarmi
arriva pronta sempre una scusa
il gatto sta male, ho il raffreddore
ho allagato la casa,il lavoro mi uccide

Finirà che una sera preparo un blitz
apro la porta abbasso i tuoi scudi
basta telefono spengo il pc
e per bloccare una crisi di nervi
ti tiro fuori un vestito attillato
scarpe col tacco e calze di seta
via da casa e scuola di ballo

Per cominciare valzer o tango?
Ho capito stasera decido io
va bene Gardel

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Franco Antonio Canavesio  –  Tango  –  18 ottobre 2012

Black Earth

Fazil Say al piano

Sulla terra nera di Fazil Say si addensano ombre, almeno a sentire i commenti di Radio3, questa mattina.

Fino a ieri a stupire erano le sue interpretazioni e composizioni al piano (Black Earth la più nota) oggi la sua comparizione di fronte ai giudici turchi per vilipendio della religione.  Questo per alcuni tweet scherzosi, talmente innocui che, opportunamente trasposti alla religione cristiana, a mio avviso potrebbero essere pubblicati persino su l’Avvenire.  Quindi per Fazil la possibilità di essere condannato fino a 18 mesi di carcere, anche se l’ipotesi è remota.

Di Fazil ho il ricordo di due memorabili concerti al Lingotto e al Conservatorio e dei suoi trascinanti bis. Il personaggio è troppo noto e molto probabilmente non sconterà l’eventuale condanna, che implicherebbe uno stop pesante alla sua carriera musicale, ma mi chiedo se la Turchia di Erdogan, con il suo processo in corso di islamizzazione spinta, sia pronta ad entrare in UE.

La porta del cielo

Per salire, rampe di scale
ogni piano un diverso colore
al tuo mi accoglie il blu cielo
fin sulla porta di casa.

Dentro gira il tuo mondo
un giorno a settimana
pizzi, centrini, colori di miele
dietro le tende un piccolo sole
dà luce a un tralcio di vite
avvinchiati a una canna
li curi i ricordi
la vigna, tuo padre
l’azzurro del verderame
stesso colore, stesso legame
la terra dei colli moldavi.

Migrare ti frega, ci provi
non sai dove arrivi
l’anima a pezzi
l’alzheimer dei vecchi
ti rompe la schiena.
Suono, quando apri sorridi
l’azzurro è l’azzurro degli occhi
se varchi la porta del cielo.

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Franco Antonio Canavesio – La porta del cielo – 17 ottobre 2012 (rev. 2016)