Se oggi in tempi di mora
tanto divide, allontana
passare un ponte rincuora.
Oltre c’è sempre una meta
nota o ignota, ma certa
se varchi la porta che vieta.
Il piede indugia, poi fionda,
vicina o forse lontana
so che mi aspetta una sponda.
Ponti
di sasso e longevo mattone
su saldi pilastri possenti
arditi archi di unione
votati a diavoli e santi
sospesi, d’acciaio, di liane,
cavalcano vuoti inquietanti
rampanti, di vetro, di luce,
su antichi e pur vivi canali
in acque ferme e tranquille
su mari di spuma e di vento
traverso ruscelli dipinti
su carte cinesi sbiancate
posati per puro diletto
dentro giardini incantati.
Ponti
da alzare con ferree catene
a difesa di borghi e castelli
usati da nobili astuti
a imporre infami balzelli
violati da armate colonne
a forzare vecchi confini
percorsi da folle smarrite
in cerca di nuovi destini.
Minati, mozzati, abbattuti
sacrificio di estrema difesa
distutti da ciechi mortai
sfregio di anima e storia
privati del fine di unire,
a marcare diverso pensiero.
Ponti
sono archi di pace, spezzati
rifatti a forza di braccia
sudate, pazienti, ostinate,
insieme a parole tenaci
di antichi e nuovi maestri
dette, ridette, ascoltate.
Muscoli e mente insieme
per fare qualcosa che manca,
legare certezza a speranza.
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Franco Antonio Canavesio – Ponti – aprile 2012