Intesa

Occhi di Bambina di Maria Antonia Canton – Editrice Artistica Bassano – maggio 2011

Quando l’immagine è la maniglia di una porta e l’intesa la chiave per aprirla. Ho letto con emozione questa intensa raccolta di poesie ed ho trovato la chiave.

Mi guardano occhi di bambina intensi
che a stento muovo alla pagina dopo

potrebbe bastare lo sguardo
ma voglio udire la voce che è dentro.

Gli occhi ancora quegli occhi smarriti
e l’occhio del cielo infinito

tra te e l’infinito i miei occhi
incontrano i tuoi, cercano intesa.

Foglio dopo foglio dico, ascolto
non so leggere poesie in silenzio.

Il tuo parlare non mi confonde
Io pure ho immerso la mano a cogliere sassi

e continuo a cercare conchiglie
con suono di acqua di fiume.

Di pagina in pagina l’ultima. Respiro.
Di fronte occhi di donna l’infinito è dentro di lei.

Da fuori i miei occhi cercano un cenno dai suoi
tendo, mi tende, la mano.

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Franco Antonio Canavesio  –  Intesa  –  Aprile 2012

Ponti

Se oggi in tempi di mora
tanto divide, allontana
passare un ponte rincuora.

Oltre c’è sempre una meta
nota o ignota, ma certa
se varchi la porta che vieta.

Il piede indugia, poi fionda,
vicina o forse lontana
so che mi aspetta una sponda.

Ponti

di sasso e longevo mattone
su saldi pilastri possenti

arditi archi di unione
votati a diavoli e santi

sospesi, d’acciaio, di liane,
cavalcano vuoti inquietanti

rampanti, di vetro, di luce,
su antichi e pur vivi canali

in acque ferme e tranquille
su mari di spuma e di vento

traverso ruscelli dipinti
su carte cinesi sbiancate

posati per puro diletto
dentro giardini incantati.

Ponti

da alzare con ferree catene
a difesa di borghi e castelli

usati da nobili astuti
a imporre infami balzelli

violati da armate colonne
a forzare vecchi confini

percorsi da folle smarrite
in cerca di nuovi destini.

Minati, mozzati, abbattuti
sacrificio di estrema difesa

distutti da ciechi mortai
sfregio di anima e storia

privati del fine di unire,
a marcare diverso pensiero.

Ponti

sono archi di pace, spezzati
rifatti a forza di braccia
sudate, pazienti, ostinate,

insieme a parole tenaci
di antichi e nuovi maestri
dette, ridette, ascoltate.

Muscoli e mente insieme
per fare qualcosa che manca,
legare certezza a speranza.

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Franco Antonio Canavesio  –  Ponti  –  aprile 2012

Contare le stelle

Dicono che faccia impazzire voler contare le stelle
luci orbe di madre con strane pretese di eterno
una lunga sfilza di zeri di spazio bucato dal tempo

Il trucco mi dice un poeta sta nel vederle riflesse
nell’acqua del pozzo o su un pezzo di specchio.

Lì come pesci d’acquario vivono in poche
quelle di lustro maggiore che poi son pianeti vestiti da stelle
e basta il tonfo di un sasso caduto apposta o per caso
a finire in tragedia la conta.

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Franco Antonio Canavesio  –  Contare le stelle  –  Luglio 2012

Nulla di più

Perchè cercare nei ghirigori di nuvole in corsa
nel mosaico naif di graniglie anni cinquanta?
Le macchie dei manifesti strappati vogliono dire qualcosa?

Un bugiardo in giacca e cravatta mi dice che è la fantasia

esercizio antico, lo stesso che lega zodiaco e stelle
dare a forza un nome, vecchio o nuovo all’ignoto
marchiare con spruzzo di gatto per farne nostra la luce

ma nuvola è nuvola, macchia è macchia, nulla di più

ripete un custode di greggi.

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Franco Antonio Canavesio – Nulla di più – Luglio 2012

Passaggio

 White on white -Malevich

Suprematist composition: White on White – Kasimir Malevich – 1918?

Non temo le pagine bianche
che non devo per forza riempire
e neppure il vuoto che imbianca
solo un attimo prima

mi fa tenerezza il bianco
il lenzuolo d’ ospedale
rimboccato con cura
su un futuro che è breve

Vorrei regalare una stanza
o magari prestarla se è mia
un cubo di zucchero e sale
lungo due respiri per lato

per stare soli nel bianco
i sensi tesi a intuire
il primo vibrare leggiero
di un bianco quadrato nel bianco

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Franco Antonio Canavesio  –  Passaggio  –  Luglio 2012

Mattino

Il momento delle abluzioni mattutine è l’unica occasione della giornata in cui sono a tu per tu con la mia immagine. Senza occhiali mi vedo un po’ sfocato e mentre aspetto che la crema da barba faccia effetto, qualche volta mi parlo o canticchio (tanto, in casa non c’è nessuno) oppure mi metto a fare le facce allo specchio. Questo, ancora oggi mi diverte moltissimo, sin da quando lo facevo da piccolo e per lavarmi salivo su uno sgabellino.
Ogni tanto i miei genitori mi prendevano in castagna, si mettevano a ridere anche loro e mentre mio padre commentava “Ma quand’ a le’ che t’ cherse … ” , mia madre si metteva di fianco a me e facevamo le boccacce insieme, ridendo come matti.

Continuità

Il torrente Messa, in quel di Rubiana

Questo torrente è di famiglia. Poco più sù abitava l’amico più caro della gioventù di mio padre. Con lui prima e con mamma a seguire, venivano per funghi e a pescare.

Conosco anch’io questo torrente da quando, piccolino, prendevo il sole e gettavo i sassi nell’acqua. Poi più grandicello, seguendo le orme, pescavo trote e gamberi nel canale, mi tuffavo dal ponte, catturavo farfalle ed esche vive. Un po’ dopo, e poco più sotto, papà sperimentava in liberta’ la pittura astratta, sotto la tettoia di una casa abbandonata, mentre mia madre raccoglieva fragole e fiori ed io preparavo gli esami per la sessione di luglio.

Il caso ha voluto che questo, pur mutato e invecchiato, sia anche il torrente di Francesco, il mio figlioccio, che trascorre qui qualche settimana estiva nella casa dei nonni, cari amici di famiglia, a pochi passi dalla riva. Un fiume e tre generazioni.

Ancora una volta ho disceso il torrente saltando sui massi
gli stessi più bianchi e più lisci di un tempo

e lo faccio ogni tanto anche in sogno, agile, senza inciampare
sfiorando lo specchio con scatti di mosca acquaiola.

Occhio di libellula vede chiaro oltre il riflesso
ho raccolto in un’ ansa discreta la corazza del portasassi

le piene han colmato la pozza di ciotoli e ghiaia, un palmo
il fondo che prima era verde e accoglieva il mio tonfo dal ponte.

Due donne, i piedi nell’acqua, sorriso d’etiopia al sole
di lontano ne intendo il parlare. I balzi dei bimbi fanno a gara coi sogni.

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Franco Antonio Canavesio – Continuità – Luglio 2012

Castelli di sabbia

Sulla riva dove l’onda si ostina
a lavare conchiglie di un bianco
brillante (effetto miglior candeggina)

partivo col mucchio di sabbia
e insieme i “belin” del bagnino
stufo di buche da riempire ogni sera.

Non manca la voglia al mattino
sassi e patelle raccolti in battigia
stagnola e stecchi leccati di stick.

Paletta, secchiello e formine
una carriola, rosso ferrari,
comprata da mamma al bazar.

Neanche il bagno o il gelato fermava
l’impresa per lo più solitaria
battaglia già persa in partenza

con sole e onde alleati
in attacchi continui dal cielo
e improvvisi colpi dal mare.

Papà con un occhio al giornale
e l’altro sorpreso agli sforzi
e alla tecnica del mio costruire

fossati di acqua salata, muri
lisciati, torrioni, vessilli
finte finestre e portoni.

La foto alla fine, seduto
di fianco, un attimo prima
della furia di mani e di piedi

la gioia del fare e disfare.

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Franco Antonio Canavesio – Castelli di sabbia – luglio 2012

Fatica

Anche oggi sono qui
in fila nel viale
i moncherini al sole
ancora umidi di temporale

a marzo una motosega
più denti di un caimano
è salita come un gatto
ridendo sguaiata

morsi feroci
da film dell’orrore
ogni volta sputava
e contava gli anelli

temevo il suo ritorno
ho ancora i segni
della prima volta
e il dolore fermo nella resina

con le braccia troncate
sè disfatta la casa delle gazze
ramo dopo ramo
lavoro di coppia anni di vita

niente canti
il mattino la sera
ascolto il corso
solo silenzio e rumore

quei ciuffi verdi
forti di disperazione
sono ridicoli
quasi dei mostri

dita luuunghe
senza palmo di mano
una fatica la mia
per toccare il sole

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Franco Antonio Canavesio  –  Fatica  –  Luglio 2012

A distanza

Non ti conosco ti immagino
cogliendo frammenti lasciati per via

Schegge cocci
smaltati nascosti tra sabbia e steccato

Scaglie squame
come pelle di muta indizi di nuovo splendore

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Franco Antonio Canavesio – Tracce – febbraio 2012

Potrai ancora guardarmi
traverso gli scuri
che io non me ne accorga

Potrai sentire le mie parole
senza replicare
mi fa male ascoltare

Potrai cercare risposte
da riporre ordinate
nelle pieghe della mente

o fissare in un diario
per un dialogo futuro

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Franco Antonio Canavesio – Un patto – febbraio 2012