Con gioia avevo ritrovato il suo numero di telefono sulla guida telefonica e dopo tanti, troppi anni di lontananza, pregustavo il piacere di risentirci e riallacciare un’amicizia forzatamente interrotta.
Non è stato così, addio Aldo.
Ci sono cose che restano ferme nel tempo
l’indirizzo sulle pagine bianche
il telefono col numero a sei cifre
e anche la tua voce mi sarebbe parsa la stessa
già adulta cinquanta anni fa.
La tua pure non è cambiata, avresti risposto.
Come stai? Io bene e tu? Pure.
Ci vorrebbe un’onda a colmare il vuoto
che la macchina del tempo ha creato
ma il primato è per ciò che è stato, in comune.
Ti ricordi, compagni di banco, in seconda?
Hai ancora quel segno sull’occhio?
La penna e il pennino a modo di spada!
Sì, ma la medaglia puntata sul petto,
primi alla gara di temi sui partigiani?
E le battaglie in piazzetta coi tira cartocci?
La fionda e i petardi giù dal balcone?
Dio, che sberle la sera, quando tornava tuo padre
e mia madre, le suonava ancora più forte.
Mi par di sentirle, la tua e la mia, parlare sulla panchina.
E i duelli di spruzzi, con l’acqua nelle pistole?
Il fortino fatto coi ciocchi, giù in cantina?
Le biglie (col biglione da otto eri un asso)
E quando abbiam dato fuoco alla casa,
potassa e carbone di legna sul gas?
E poi dopo i dieci, brache corte e imbranati,
con quelle bruttine, a giocare ai difetti?
C’e uno o una che dice che sei… Sbagliato!
L’hai più rivista, Katia, quella biondina?
Tre figli, un disastro, pare la donna cannone.
I dischi di Jazz di tuo padre che suonavano
in continuazione? Per noi una noia mortale.
Meglio le storie dei giornalini, e si volava
con i pugni tesi, a fianco di Nembo Kid!
Così a parlare, per un’ora.
No, magari! Così non è stato.
Sette anni fa, mi han detto stasera, un’ ultima
prova di volo. Nessuno si è chiesto perchè stringevi
nei pugni quei freddi smeraldi di Krypton.
Franco Antonio Canavesio – Volavamo con Nembo Kid – 16 maggio 2012