Dopo molti anni sono tornato a Vezzolano. L’abbazia di Santa Maria era luogo abituale di incontro tra me e mio padre. Lì sostavamo ad ascoltarci l’un l’altro, a parlare di pittura e di arte.
Un pomeriggio, seduti nel chiostro, gli chiesi il perchè del nome Zanzi con cui aveva firmato un dipinto da poco terminato. Mi ricordò che Zanzi era il suo nome di battaglia da partigiano, quando prima della liberazione operava nella zona di Pollenzo e Bra, contro i nazi-fascisti a cui si ispirano gli stolti che ancora marchiano i luoghi con croci uncinate.
Quel quadro rappresentava per lui una netta cesura con il passato, una sorta di liberazione e quindi era venuto spontaneo usare, ancora una volta, quel nome di battaglia.
Solo qualche mese dopo, improvvisamente ci lasciò, proprio il venticinque di aprile.
Son tornato a cercare
tra il mattone la pietra
ad ascoltare il silenzio
il gemito sacro del legno.
Allora nel tempio deserto
non un distratto guardiano
a fermare il gesto scoperto
che sfregia con graffio villano.
Si stava seduti vicini
lo sguardo al segno cristiano
su archi leggeri di luce
il pensiero vola lontano.
Nel chiostro colonne variate
siepi di bosso e di ontano
sotto le volte affrescate
mi parli e trema la mano.
Forse è il coccio pestato
a far affiorare le ossa
del moresco ponte mozzato
che ancora Pollenzo arrossa.
Nascosto nei boschi di Langa
fazzoletto garibaldino
non c’è batticuore che tenga
staffetta tra Bra e Torino.
Zanzi, una saetta che guizza
Il nome sul tuo tesserino
Zanzi, un po’ come Zorro
per me quand’ero bambino.
Ora che la pietra è schiarita
e ride il coppo sanato
quel segno scritto a matita
salda presente e passato.
Ho trovato il filo che lega
il tuo nome da partigiano
la firma sui quadri più veri
l’improvviso tuo trascolorare
nel bigio tempo sospeso
di un venticinque di aprile.
Franco Antonio Canavesio – Zanzi – 25 aprile 2012